Verona. Il ricordo
Faccio ritorno al paterno ostello, mi siedo a tavola con i miei genitori e comincia la rassegna stampa di rito.
Giunti ai tragici fatti di Verona, i miei si scambiano uno sguardo angosciato. Improvvisamente riaffiora in me un ricordo tragico della mia infanzia, sepolto dalla memoria e relegato in quegli anfratti in cui si custodiscono gli shok che ti hanno colpita quando la fantasia ha ancora un potere lenitivo.
Era il 1983, io avevo 8 anni. Aurelio ne aveva 19 ed era il migliore amico di mio fratello. Erano cresciuti insieme. Asilo, elementari, medie e superiori, campeggi estivi, vacanze insieme. Stesso pianerottolo. Mamme amiche.
La Lucchese vince. Sulla strada per tornare al pullman un gruppo di tifosi veronesi accerchia i lucchesi. Aurelio è circondato. Gli rovesciano una tanica di benzina e gli danno fuoco. Ustioni sull'75% del corpo. Mio fratello è scioccato, chiama a casa. Per giorni non si muove dal capezzale dell'amico. Mia madre va su con i genitori di Aurelio. Dopo mesi di ospedale, sfigurato, Aurelio fa ritorno a Lucca. Dopo pochi mesi ,una notte, prende la macchina e si schianta contro un platano sulle mura cittadine. Dopo 15 giorni anche suo padre si uccide.
Ieri la madre -che ancora oggi mi domando come sia sopravvissuta- chiama mia madre in lacrime: hanno scarcerato il ragazzo, ormai quarantenne, che aveva dato fuoco al figlio.
Anche lui figlio della Verona bene.